Mostre Personali 2023 – Joseane Zanchi Daher | Brasile
Joseane Zanchi Daher | Brasile
Rompimento
Rompimento
La mostra Rompimento (Interruzione), dell’artista visiva Joseane Daher, è una potente esperienza su come le tecnologie abbiano profondamente modificato il pensiero e il fare dell’artista. In una rivisitazione impegnata e consapevole della propria produzione fotografica degli ultimi tre decenni – che spazia dal viaggio nello stato del Mato Grosso do Sul, in Brasile, nel 1992, durante il quale fotografò gli indigeni Xavante, passando per le testimonianze degli Huni Kuin, nel 2000, nello stato di Acre, fino a tempi più recenti, quando si trovava nell’interno del piccolo stato brasiliano del Piauí per effettuare un’ispezione fotografica di sessantaquattro baracche lungo il percorso verso il luogo dove verrebbe costruito un parco eolico: molte immagini sono state recuperate, ripensate e rielaborate dall’artista per la realizzazione di questa mostra.
Nello stesso periodo, e parallelamente alla sua produzione autoriale, Joseane ha svolto lavori nel campo della fotografia tecnica per l’industria dell’ingegneria e dell’edilizia civile, e questo lavoro comprendeva il monitoraggio e la registrazione di edifici in costruzione. Durante le visite ai cantieri, il fotografo si è imbattuto in alcuni esemplari cilindrici di cemento. I provini sono pezzi di calcestruzzo che vengono sottoposti a prove di resistenza nei laboratori di ingegneria, ed il cui scopo è quello di rilevare il momento esatto della loro rottura. Nell’immaginario dell’artista gli esemplari rotti iniziarono a rappresentare oggetti scultorei e, sulla base di questa scoperta, iniziò una profonda ricerca sulle loro forme, luci e ombre.
È dalla riformulazione dei campioni di prova che, esaminando la sua produzione nel corso degli anni, Joseane si è imbattuta in una serie di immagini che la invitavano ad altre possibilità di sperimentazione, che potevano offrirle una nuova prospettiva alla sua vasta produzione fotografica di antropologia. e natura sociale. Questa è l’idea della rottura che è stata portata al centro di questo spettacolo. Dalla rigorosa selezione delle immagini e dall’uso di diverse tecnologie, come una lavagna luminosa, un proiettore multimediale e l’applicazione DALL-E2 – uno dei prodotti dell’Intelligenza Artificiale generativa (A.I.) – Joseane ha poi proposto di rompere con la propria vita rapporto con la fotografia tradizionale e lascia che la sua immaginazione e creatività forgi, dall’ibridazione delle sue immagini con le tecnologie, non solo un lavoro contemporaneo e audace, ma un’artista rinnovata.
La serie Rompimento rappresenta la presenza del passato nel presente e nel futuro; rappresenta una fotografa che si è scoperta artista visiva incantata dalle possibilità che l’ibridazione di arti e tecnologie può produrre; e rappresenta, soprattutto, un’immersione intima nelle complesse relazioni tra esseri umani e tecnologie.
Patricia Fonseca Fanaya
JOSEANE DAHER
Rompimento
Ripensare la propria creatività, e scoprire che quanto si è fatto, quanto abbiamo considerato rispondente alla nostra ricerca, vada rivisto, modificato e impreziosito come se le stesse fotografie non avessero ancora esaurito il loro vigore.
Tutto cambia. Rapidamente, e l’artista è colui che meglio intercetta i mutamenti in seno alla società per trasferirli nella sua opera.
Così, passato, presente e futuro si mescolano in un tempo che perde le sue coordinate per diventare lo spazio assoluto. La fotografa brasiliana Joseane Daher, grazie alle nuove tecnologie e all’uso ponderato dell’AI, decide di risignificare la sua opera. Non si tratta di ritocchi o aggiunte, si tratta di risemantizzare i segni fotografici e affidarli a un nuovo linguaggio.
Nulla è sacro o intoccabile nel lavoro di un’artista e dunque concettualmente ogni espressione, sia essa una fotografia può seguire il cambiamento di chi l’ha scattata. Qui non si tratta di remake (operazione tipica della cinematografia) o di una nuova traduzione (si guardi alla letteratura) ma della creazione di nuovi soggetti autonomi rispetto ai pur esplicativi precedenti. Ibrida è la natura della fotografia, e sempre pronta ai compromessi. Come una strada senza segnaletica obbliga l’autore a muoversi tra le insidie dell’inconosciuto.
Così l’apparire di nuove tecnologie chiarifica il percorso, trasformando profondamente il pensiero e la pratica dell’artista. Segni, si diceva, di volti, uomini, costumi ritratti in Amazzonia, nel grandissimo crogiolo di etnie del Brasile. L’imago è salva, è eternata negli spazi della coscienza e della memoria; è riconoscibile, intercettabile nella sua proiezione luminosa ma, una volta contestualizzata, rivive una nuova stagione di significati, perché una foto invecchia solo quando non è più ricordata. La “rottura” è compiuta, l’àncora è salpata, ora l’autrice può intraprendere un nuovo viaggio, scoprendosi lungo i marosi un’artista visuale. Molte sono le declinazioni che la fotografia è in grado di assorbire, molte le sfide accolte e superate.
Quando l’AI è al servizio della creatività, quando l’uso consapevole ne modera le pulsioni più visionarie, essa può camminare fianco a fianco con la fotografia. E magari permettere al fotografo di reinventarsi nelle complesse relazioni tra tradizione e modernità.
Giuseppe Cicozzetti
JOSEANE DAHER
Rompimento: La “Critica” di Pippo Pappalardo
Il grande fisico Galileo Galilei ha condannato l’esperienza scientifica universale (la conoscenza ed il sapere) alla necessità della sua verifica oggettiva.
Se questa necessità, dapprima, attendeva un riscontro matematico e, poi, la sua riproducibilità, oggi questa necessità investe tutti i campi dello scibile e tutti i bisogni dell’umano comprendere. Pertanto, non meraviglia che una scoperta scientifica (vedi la ricerca dei vaccini anti Covid si risolva (quando si risolve) assai spesso in un dibattito ed in un confronto di idee dal carattere squisitamente esistenziale se non addirittura filosofico.
Ed allora crollano intorno a noi i capisaldi delle scienze, esatte, delle fedi religiose, delle nuove scienze; crolla persino il concetto di scienza; crolla il dialogo ed il confronto; il pensiero si fa “debole” (v. G. VATTIMO) e ci si rifugia in un’accettazione di idee, riflessioni, percorsi di ricerca dove l’aggettivo “fluido” (es. il pensiero fluido) diviene un’espressione linguistica abusata prima ancora di essere concepita.
E’ stato appena ieri che ci eravamo congedati dall’esperienza, e dall’espressione “crisi” e già ci accostiamo a quella di “rompimento”. Rompimento in didattica, in educazione, in ecologia, in politica sociale, economica, progettuale, relazionale, sistemica. Un rompimento che non è solo constatazione ma, anche, timore, ansia, allarme. Un terremoto?
Queste esperienze vengono registrate a varie livelli dagli antropologi e dai sociologi che guardano, osservano, analizzano, teorizzano in vari modi e mode e non si accorgono che i segni di cambiamento sono già nelle modifiche del linguaggio, delle rappresentazioni, delle scelte esistenziali (come vogliamo vivere e quanto ci importa questo “come”?).
Occorre allora discernere tra il contributo dato dagli artisti a quella forma peculiare, capace di porre in evidenza i segni del “rompimento”.
Ben venga allora l’artista, la fotografa, che liberandosi dal “pudore” e dai pregiudizi della tradizione individua i segnali che ci mettono in crisi. Ben venga l’uso nuovo dello strumento fotografico per piegare la vecchia funzione estetica documentativa alla necessità di una utilizzazione etico narrativa. Pertanto nella sua fotografia si apprezzerà non solo la riflessione sulle nuove scoperte intorno all’antico bisogno di edificare (v. Heidegger, Sull’abitare) ma, e ancor più, il ricorso al sano espediente retorico – narrativo della metafora.
Ci dice la nostra fotografa che quello che accade nell’apparentemente freddo mondo della tecnologia (v. Galilei) ci riguarda e va rappresentato su livelli e dispositivi opportuni e meditati, per non perdere i contatti con le ragioni del reale che poi sono, e restano ancora, la poesia (da “poiein” che significa fare) dei nostri sogni.
Pippo Pappalardo
Il mio nome è Joseane Zanchi Daher.
Il titolo della mia ultima serie fotografica è ‘Rompimento‘, che è la somma di diversi progetti che ho sviluppato nel corso degli anni, come due viaggi alle comunità indigene Xavante e Huni Kuin dell’Amazzonia, fotografia tecnica commerciale per l’ingegneria, un viaggio alle comunità di Queimada Nova e Lagoa do Barro nell’entroterra del Piauí, Brasile, e una ricerca accademica per la mia tesi di laurea in Antropologia.
La prima esperienza è iniziata negli anni ’90 quando sono andata con l’antropologa Laila Williamson a Mato Grosso do Sul, nel villaggio di Pimentel Barbosa sul fiume Mortes, documentando la popolazione indigena Xavante per l’American Museum of Natural History di New York, che aveva due manufatti di quel popolo nella loro collezione. Durante il mio soggiorno, ho fotografato il processo di produzione di numerose opere d’arte e il modo di vivere di quei popoli indigeni.
La mia seconda immersione in una terra indigena è stata nel 2000, insieme all’ambientalista Maria Amália de Souza della Casa Socioambiental di São Paulo, nel villaggio di Kaxinawá, o Huni Kuin, in Acre, al confine con il Perù, fotografando per l’ONG The Forefront Leaders, con sede a Washington DC (USA). L’ONG ha ricevuto il Premio per i Diritti Umani dalla Fondazione Reebok e ha creato un sito web per l’ASJARJ – Associazione Jordan River Kaxinawá. Ho documentato aspetti della routine e dei rituali del popolo Kaxinawá per il sito web.
In seguito, nel 2017, ho fatto un viaggio per fotografare la costruzione di un parco eolico vicino alle comunità di Lagoa do Barro e Queimada Nova, nell’entroterra del Piauí, nel nord-est del Brasile. Il mio lavoro includeva la documentazione delle baracche e delle persone che vivevano lungo le strade, senza servizi igienici di base o elettricità, il che mi ha portato a molte domande, come: che tipo di sviluppo è questo che sposta gli abitanti originali e frammenta le loro vite e le loro case in altri spazi fatti di cemento che non appartengono loro?
Durante il mio lavoro per le aziende di ingegneria, alcune campioni di cemento sui siti di costruzione hanno attirato la mia attenzione. Dal punto di vista pittorico, sono oggetti insoliti di ingegneria e tecnologia delle costruzioni con il nome suggestivo di ‘prova di resistenza’. Sono campioni prelevati sul posto durante il processo di costruzione. Dopo 7 e 28 giorni, i pezzi vengono testati in laboratorio per la loro resistenza. Il test di resistenza consiste nell’applicare un carico di compressione fino a quando il campione di cemento si rompe.
Date le limitazioni di libertà nel vivere in un mondo completamente programmato dai dispositivi, ho deciso di esplorare nuove possibilità sovvertendo le funzioni degli strumenti che utilizzo per creare le mie immagini. Ad esempio, ho utilizzato un vecchio proiettore per proiettare diapositive 35mm sui campioni di cemento, ottenendo immagini con messa a fuoco imprecisa e con i segni prodotti dal proiettore stesso, rendendo impossibile una lettura “reale” delle immagini e avvicinandole alla “finzione”. Spesso lascio che le diapositive lascino filtrare frammenti dell’immagine sul muro o persino sulla loro cornice, creando nuove possibilità di dialogo. In altri esperimenti, utilizzando proiettori più precisi e messa a fuoco accurata, mi permetto di “ritagliare” e “clonare” lo sfondo, distorto così questa presunta precisione e realtà.
Attualmente, sto incorporando un software di intelligenza artificiale chiamato DALL-E, basato su tecnologia di intelligenza artificiale, per generare nuove immagini da quelle che ho creato precedentemente con le proiezioni.
La rottura del cemento, che resiste alla compressione del carico fino a un certo punto, si correla al momento di rottura nel mio lavoro visivo.
Pertanto, il mio attuale lavoro con le immagini ha, a causa delle vicissitudini del mio percorso, due direzioni. Da una parte, conserva una sfumatura antropologica derivata dalla ricerca condotta durante il mio corso di laurea magistrale e dai lavori fotografici documentari. D’altro canto, coinvolge la fotografia commerciale che ho praticato per aziende di ingegneria. Come risultato di queste esperienze, la mia fotografia non è più la stessa. È una rottura.
I frammenti di vita di coloro che vengono trasferiti in luoghi sconosciuti, senza familiarità, sono metafore per campioni di cemento rotti, con le loro scanalature, crepe e pietre dalle forme irregolari. Rottura.
La fotografia che sviluppo, prodotto di questa “rottura”, si colloca nel campo della sperimentazione e mira a partecipare ai dibattiti contemporanei ed espandere la fotografia oltre i confini nazionali.
Photo Gallery
Rompimento – Filmato Portoghese
Rompimento è la somma di due incursioni nelle terre indigene dell’Amazzonia, fotografie tecniche commerciali per l’ingegneria, un viaggio nell’entroterra della caatinga in Piauí e una ricerca accademica per la laurea magistrale. Come risultato di queste esperienze, il mio lavoro è ibrido e il mio interesse ora è quello di porre domande.
Rompimento – Filmato Inglese
Video senza sonoro, solo immagini, del processo creativo della serie Rompimento, con “Making of”
Imagens da construção e processo criativo da série fotográfica ‘Rompimento’
Immagini del processo di costruzione e creativo della serie fotografica ‘Rompimento’
Joseane Daher, vive a Curitiba, Paranà, Brasile.
E’ stata fotoreporter per l’Associated Press – AP, come collaboratrice per l’ONU – Nazioni Unite e AMNH – American Museum of Natural History NY, NYC-USA. Ha
partecipato a spedizioni fotografiche ad Acri, nello Stato dell’Amazzonia e del Mato Grosso in villaggi indigeni
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